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SCRITTORE DI NUOVE PARTENZE, DI AVVENTURA POETICA, DI ESTASI DEI SENSI, ESPLORATORE DI UMANITÀ

Ci sono due tipi di artisti: quelli che vogliono passare alla storia e quelli che si accontentano di passare alla cassa…
Lui, secondo me, ha tutte le carte in regola per entrare a far parte dei primi…

(Collegato a Truman TV Internationalhttps://www.radiotruman.tv/canali/truman-tv-international.html
Rubrica di Informazione ed Intrattenimento del Direttore Responsabile Maurizio Seby Bartolini)

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Pittore, Illustratore e Conferenziere. Perennemente controcorrente, sarcastico, pensatore libero, rigorosamente démodé. Studioso e critico d’arte, si interessa da decenni di miti, simboli ed ermetismo nella tradizione europea.
Di Dalmazio Pierpaolo Frau, dicono le “cronache” che abbia cominciato a disegnare all’età di tre anni o poco meno. Da allora non ha più smesso.
Dalmazio Frau, (Sassari, 1963), illustratore, scrittore e conferenziere. Studioso d’Arte e d’Ermetismo nella Tradizione Europea del Medio Evo e del Rinascimento, ha scritto: L’Arte Ermetica. Bosch. Brueghel, Dürer, Van Eyck Arkeios (2014); Senza arte né parte. Come evitare l’arte contemporanea e vivere felici Tabula Fati (2020), L’Arte spiegata a mia cugina. Pensieri sull’Arte nella Tradizione, nella Politica, nel Fantastico, in pieno Kali Yuga Tabula Fati (2015), Crociata contro l’Arte. Trecento anni di guerra contro il Sacro Idrovolante (2017), L’Angelo inquieto. Scienza e magia in Leonardo da Vinci Iduna (2020), Caravaggio. La luce e l’ombra. Tra Alchimia e altri misteri, BastogiLibri (2021) e la raccolta di novelle Il Regno Dipinto Homo Scrivens (2021), Benvenuto Cellini. Artista, uomo d’arme, occultista Mursia (2022). Scrive per Totalità, Pangea, La Biblioteca di Via Senato, L’Opinione delle Libertà e La Confederazione Italiana. Vive a Roma.
In definitiva ci si potrebbe riferire a lui come ad un cacciatore… Un cacciatore di dettagli, di inavvertiti accadimenti e di tutti quei momenti e storie che andrebbero perduti nel tempo come lacrime nella pioggia…

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Intanto, chi è Dalmazio Pierpaolo Frau…
«Ah, saperlo! Un mistero incomprensibile anche per le persone che mi sono o mi sono state più vicine. Un “disadattato spaziotemporale”, un anacronismo vivente, uno “zingaro”, un acchiappanuvole, un “cavaliere di spettri ed ombre” è forse quella che preferisco, come definizione… Insomma uno che si è sentito a proprio agio in pochissimi luoghi dei molti dove è stato, in questa vita, e che continua a vivere come se questo dovesse essere per sempre».

Partiamo dal principio. In che ambiente sei cresciuto? C’erano dei libri e come hai iniziato a leggere?
«In una famiglia della media borghesia, anche se abbiamo tre quarti di nobiltà di origine catalana la cosa ormai risale a molti secoli addietro, con un padre dalla cultura umanista, appassionato di poesia e letteratura, d’arte e di musica operistica (l’unica cosa che non è riuscito mai a farmi apprezzare, a parte Wagner) e di scherma… Libri e da leggere più in generale, in casa ci sono sempre stati, fumetti e altro. Del resto allora, parliamo della seconda metà degli anni Sessanta e in seguito, c’erano soltanto quelli e due canali televisivi. Sono andato in prima elementare che già sapevo un po’ leggere e sapevo ripetere l’alfabeto greco a pappagallo. Tutta colpa di mio padre che stressavo affinché mi raccontasse le storie degli eroi omerici e di qualsiasi altra cosa fosse a conoscenza. Il resto lo cercavo tra i libri che appunto erano in casa, oppure in qualche abitazione di parenti o amici dei miei. Il che però non deve far credere io fossi un bambino tranquillo, tutt’altro… una specie di teppista minorenne… un pericolo pubblico in erba…»

Di questa tua passione della Letteratura Fantastica, Arte e Fumetto quando, come e quanto ha influito sul tuo modo di scrivere.
«Quando, cosciente di questo soltanto verso i dieci anni circa, con una vera e propria rivelazione e conseguente “ribellione” verso i tredici, ma in realtà era in atto appunto sin dall’età prescolare, e probabilmente c’era un terreno fertile dove fiorire… Leggevo di tutto, guardavo di tutto tranne quelle cose che mi proponevano a scuola, mi annoiavo tranne che su pochissime cose, volevo spiegazioni che non ricevevo e se me le davano non mi soddisfacevano mai… Cercavo qualcosa d’altro, od oltre… avevo – ed ho ancora oggi – una curiosità felina che mi spinge sempre ad andare a vedere cosa ci sia oltre quella porta chiusa, dietro quella collina, soprattutto dove non vanno gli altri o perché non è bene o perché gli hanno detto che non si fa o perché hanno paura… Ho sempre avuto un istinto rivoltoso, una natura ribelle. Detesto tutto quanto è banale, scontato, ovvio… sono un animo inquieto, un’anima in pena che cerca momenti di pace e serenità per poi ripartire verso nuove avventure appena la tranquillità diviene noia… La stasi, l’immobilità mi atterrisce e mi sconforta… Leggere mi ha aperto infiniti mondi, mi ha fatto conoscere luoghi e persone e capire che sebbene fossi solo non ero più da solo…»

Quando “decidi di scrivere” da cosa parti.
«Da un’idea che il più delle volte va in direzione ostinata e contraria a quella comunemente diffusa e imperante. Tra le tante cose che mio padre mi diceva, sin da bambino, c’era quella che io fossi “lo spirito della contraddizione”, un bastian contrario… Non lo faccio però per partito preso né sempre, semplicemente mi oppongo con tutte le mie forze al “mainstream”, come si direbbe oggi, a quello che mi vogliono far credere… Ecco da cosa parto, da un dubbio, da un sospetto, da un punto di vista differente da quello di molti e da lì se il vento della curiosità spinge le idee, mettere in mare un vascello fatto di immaginazione creatrice, il passo è breve… e c’è sempre un’isola misteriosa da trovare».

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Cosa nutre la tua immaginazione
«Se non tutto, di sicuro moltissime cose. Possono essere le più disparate. Diciamo tutto ciò che esula dal luogo comune, dalla contemporaneità monotona di tutti i giorni, oppure tutto ciò che hanno scritto, detto, dipinto, scolpito o creato moltissimi altri straordinari individui prima di me. Film, fumetti, narrativa, saggistica, articoli, qualsiasi cosa può essere carburante per la mia mente».

Al di là di trattare i vari personaggi storici, come nascono gli altri tuoi scritti.
«Come ho già detto, nascono dal voler vedere le cose in una maniera differente da quella della maggior parte delle altre persone, da un diverso o alternativo punto di vista, da una ribellione di fondo a qualsiasi forma di imposizione pregiudiziale e apodittica, accettata e avvallata da una società sempre più ipocrita e farisaica».

Se dovessi descriverti con tre romanzi, quali sarebbero?
«I tre moschettieri di Alexandre Dumas padre, Ventimila leghe sotto i mari di Jules Verne e La spada spezzata di Poul Anderson. L’ultimo magari è molto meno noto al vasto pubblico dei primi due, ma è quello che mi ha fatto capire, in un giorno ormai molto lontano, cosa io stessi cercando».

Hai la possibilità di fare un viaggio nel tuo passato e incontrare il Dalmazio tredicenne, cosa gli diresti.
«Di fare tutto ciò che ha fatto, nel male e nel bene, altrimenti non sarei lì a dirglielo e di avere però meno fiducia negli altri».

Torniamo al momento attuale, a questo periodo difficile che stiamo attraversando, secondo te quale futuro pensi o ti immagini?
«Da “apocalittico” e non certo da “integrato”, come avrebbe detto Umberto Eco, non posso avere una visione positiva dei nostri tempi, del resto è il Kali Yuga, l’Età oscura… ma al tempo stesso, anche se non sembra, sono un inguaribile ottimista, e so che attraversata la notte, per quanto lunga essa possa essere, sorge sempre un nuovo sole, una nuova alba e un’aurora che rillumina il mondo… Certo adesso chiediamo anche noi alla sentinella “a che punto è la notte”, però ripeto perché ne sono convinto fermamente, credo che presto, almeno alcuni tra noi, torneranno a gioire nel sole… Rejoice in the sun, cantava in un suo struggente e splendido brano, Joan Baez negli anni Settanta».

E ora “torniamo seri” per chiederti: Dalmazio Frau perché scrive?
«Perché Dalmazio ha sempre fatto due cose, la prima è disegnare e dipingere, la seconda scrivere. Sin dalla più tenera – parlare di tenerezza riferito a me fa un po’ sorridere, ma passiamoci su – infanzia. Non esiste una vera e propria cesura tra le due cose per me, la mia immaginazione creatrice, la mia fantasia se preferite, deve uscire o in una forma o nell’altra. Anche qui è una forma di passione, e a ben guardare d’amore perché poi, almeno per quanto mi riguarda, scrivo per coloro che mi piacciono e a cui voglio bene, nulla di autoreferenziale anche se forse è un piccolo escamotage per non essere ignorato. C’è sempre una buona dose di vanità in ogni artista, una ricerca di una specie di immortalità, di essere riconosciuti e amati… è forse una richiesta d’aiuto sì, è di certo una richiesta d’amore».

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Prendendo spunto dal tuo romanzo “Il Bestiario Incantato”, pur trattando animali fantastici che hanno popolato l’universo immaginifico dell’Antichità Classica fino al Rinascimento, cosa significa essere umani oggi?
«Il Bestiario incantato che ho creato per un vecchio amico che dirige una piccola ma raffinata casa editrice, qualche anno fa, non è un romanzo ma appunto un “bestiario”, cioè una raccolta di disegni raffiguranti animali fantastici così come si usava nel Medio Evo e nel Rinascimento, ma originato appunto dall’età classica greco-latina. Era un’idea – come tutte le mie cose – in realtà molto più vecchia, lo volevo fare già quando ero al liceo, ma non c’erano i mezzi e soprattutto non sarei stato all’altezza allora… Chissà che in futuro non lo rifaccia, o forse no… È un libro illustrato, e i libri illustrati sono la grande passione bibliofila che mi contraddistingue perché questo genere editoriale fonde l’aspetto artistico dell’immagine con il testo scritto in un’unica espressione che, per ragioni a me tutt’ora incomprensibili, ha una vasta eco all’estero e per nulla nel nostro Paese dove sono considerati al più, adatti ai bambini. In quanto a cosa significhi essere “umani” oggi, penso che l’argomento sia stato sin troppo dibattuto e ovviamente ognuno ha trovato e dato la propria personale risposta e soluzione… Chi con la politica, chi con la sociologia, chi con la biologia… Io non ho risposte certe da offrire, né ho la sicumera arrogante e preconfezionata di certuni… Vorrei che essere “umani” oggi fosse lo stesso di quello che eravamo cinquecento o anche mille anni fa, vorrei che fossero ancora le passioni, il desiderio di conoscenza, la bellezza e soprattutto l’amore a renderci umani, anzi più che umani».

Tre aggettivi per definire Dalmazio Frau scrittore.
«Affabulatore, dispersivo, fantasioso».

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Il colore della tua scrittura?
«Tutti, visto che impazzisco per le tavolozze, tutto ciò che è policromo mi affascina e attrae, a volte i colori sono più scuri altre volte più corruschi e squillanti, ma è sempre tutto molto variegato».

Quale colonna sonora potrebbero avere i tuoi libri?
«Anche in questo caso la traccia musicale sarebbe estremamente varia, come varia è la musica che ascolto… dalle sonorità medievali e rinascimentali a quelle barocche, dalla psichedelica anni Settanta alle ballate di Branduardi e di De André. Ci trovi di tutto, dai Doors ai Pink Floyd o ai Tangerine Dream, da Enya ad Alan Stivell… Basta che sia buona musica, che sia psicotropa, che racconti e induca a sognare e immaginare».

Il prossimo libro che scriverai?
«Sto inseguendo un’idea da molto, tanto tempo, che però ancora continua a sfuggirmi appena cerco di afferrarla. Sarà sui Preraffaelliti, ma ancora non ho individuato il punto d’inizio, è tutto ancora nebuloso e vago come l’alito del Drago in Excalibur. Poi non so, se troverò un’amica carina, volenterosa, disponibile e capace le detterò una mia sorta di strana autobiografia, perché appunto la vanità è il mio peccato preferito. Ma anche questa in maniera ironica e divertita, senza mai, mai, prendermi troppo sul serio».

Il libro che non avresti mai voluto leggere?
«In realtà quelli che non voglio leggere non li leggo proprio. Soprattutto oggi dove tutti li diffondono con dovizia di verbosa autoreferenzialità in rete, per cui è abbastanza facile evitarli. Leggo per conoscere e per divertirmi, non per annoiarmi nei vaniloqui egoici di troppi scriventi e per nulla scrittori. Se qualche volta ho iniziato un libro che non mi è piaciuto, l’ho chiuso e dimenticato, quindi neanche me lo ricordo».

Come ti senti quando scrivi un libro.
«Un nuovo libro, ma anche qualsiasi nuova creazione, è come un nuovo amore. Sei entusiasta, euforico, vuoi dare il meglio di te, far vedere quanto sei bravo e al tempo stesso vuoi conoscere e scoprire cosa verrà pagina dopo pagina, visto che anche questo resta un mistero per me che lo scrivo. Poi subentra la tecnica e allora si trasforma in una capacità professionale, meno avventurosa e più mentale, raziocinante, ma necessaria perché anche il flusso di coscienza ha bisogno d’essere guidato».

Dopo averli pubblicati, ti piacciono ancora i tuoi libri.
«Sì, ma non li leggo più, non mi ci fossilizzo, certo poi trovo sempre qualcosa che a distanza di tempo cambierei, aggiungerei altro, ma quando il libro è uscito dalla tipografia vive di vita propria, del resto qualcuno ha detto che il libro sia l’unico prodotto industriale dotato di anima e credo sia vero. Lo lasci andare, lo segui sì ma ormai non ti appartiene più. È di chi avrà la bontà e la pazienza di leggerlo».

Che tipo di ingredienti usi nelle tue storie?
«Ali di pipistrello, chele di scorpione e code di salamandra. Battute a parte, cerco di rifarmi a chi ha scritto prima di me, meglio di me, e sono tanti. Non ho la presunzione di essere – oggi – originale, quando scrittori eccelsi e straordinari narratori hanno già scritto tutto e meglio di quanto possa fare io, prima che nascessi. Nella narrativa voglio soprattutto divertire e divertirmi, poi se queste storie avventurose spingeranno qualcuno a interessarsi di cosa sia nascosto sotto le foglie, allora ben venga, ma è già motivo di sufficiente superbia il sapere di aver fatto divertire il lettore per qualche tempo».

Concludendo: Una frase che rappresenta e guida la tua vita.
«Quella che è stata incisa sulla tomba di Francois Rabelais: “Me ne vado in cerca di un grande forse…».

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Per concludere questa bella chiacchierata con Dalmazio Frau vorrei farlo dicendo che il “disadattato spaziotemporale”, “anacronismo vivente”, lo “zingaro”, “l’acchiappanuvole”, il “cavaliere di spettri ed ombre” fa il contrario dell’oracolo di Delfi: non indica, ma svela. Non suggerisce, ma definisce. Non allude, ma conclude. Sta al lettore trovare, forse… …l’arcano...

Maurizio Seby Bartolini
Direttore Responsabile

 

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