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GREEN PASS... LA GRANDE BEFFA.

GREEN PASS:
NON SI SOSPENDE IN CASO DI SOGGETTO INFETTO SOTTOPOSTO ALL'OBBLIGO DI QUARANTENA. 

Nella legge italiana che istituisce il Green pass c’è un passaggio controverso, potremmo dire una vera e propria beffa, che rende il certificato verde irrevocabile anche nei confronti di chi si è infettato.

(Collegato a Truman TV Internationalhttps://www.radiotruman.tv/canali/truman-tv-international.html
Rubrica di Informazione ed Intrattenimento del Direttore Responsabile Maurizio Seby Bartolini)

Questa situazione potrebbe rappresentare una bomba ad orologeria, uno scoop in grado di minare l’attendibilità e la finalità del sistema istituito per limitare i contagi.

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In pratica, l’app VerificaC19, ossia il software che legge i Qr-Code, non è in grado di verificare se il possessore del Green pass ha contratto il virus in un momento successivo al rilascio del Green pass stesso ed è pertanto soggetto all’obbligo di quarantena. Quarantena che, lo ricordiamo, per i vaccinati è solo di sette giorni.
Questo significa che una persona affetta da Covid-19, ma con il Green pass ancora in corso di validità, potrebbe facilmente entrare in un locale, sedere a un tavolo, parlare magari con altre persone che hanno ottenuto il Green pass grazie a un tampone negativo e che, perciò, non sono “coperte” dagli effetti più gravi del virus

In buona sostanza, avremo dei soggetti portatori dell’infezione che, in buona o malafede, faranno circolare i contagi.

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Questa situazione si aggrava se si tiene conto – così come è stato spiegato in questi giorni – che in chi è vaccinato il virus si ferma alle vie aeree, ossia nelle narici, e quindi si manifesta con un semplice raffreddore. Chi mai, allora, solo perché ha starnutito qualche volta, vorrà fare un tampone per verificare se sia davvero affetto dal Covid?

E dunque i detentori di Green pass saranno, a tutti gli effetti, degli untori involontari.

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Senza contare ovviamente le immancabili persone in malafede che, pur sapendo di avere il Covid, e confidando sul fatto che il Green Pass non è soggetto a sospensione, continueranno a circolare.

Ma perché mai il Green pass non si sospende per chi, seppur vaccinato, contrae il virus?
Perché non esiste in Italia un sistema che metta in pausa la validità del certificato verde in caso di malattia o frode, in modo che una persona con il Qr-Code valido non possa andarsene in giro quando dovrebbe invece effettuare la quarantena?

Semplice: perché ciò avrebbe richiesto un sistema di collegamento tra l’app di lettura del Qr-Code alle banche dati contenenti le informazioni sanitarie dei cittadini. Ci sarebbe cioè stato un accesso diretto, da parte di personale non autorizzato (i gestori dei locali e gli stewart degli eventi) ai dati sulla salute degli utenti.

E tutto ciò nonostante, sulla carta, le norme che regolano l’utilizzo dei Green pass dicano a chiare lettere che la certificazione verde potrà essere revocata da una struttura pubblica, da un medico di medicina generale o da un pediatra di libera scelta, nel codice dell’applicazione VerificaC19 non esiste un sistema per farlo.

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Tuttavia, chi dovrebbe revocare il Green pass, o meglio sospenderlo, sono le autorità sanitarie locali, le Asp, ma mancano le circolari che conferiscano loro tali poteri.

Dall’altro lato, il barista o il ristoratore che chiede il certificato verde non è tecnicamente attrezzato per sapere se il cliente è positivo o negativo nonostante il possesso del certificato.

Infatti l’app Verifica C19 lavora offline, senza collegamento ad Internet, quindi non è in modalità dinamica, fa solo un controllo formale sulla validità del Green pass iniziale ma non sa se poi è stato revocato o sospeso (sospenderlo sarebbe la soluzione più corretta, perché poi il Green pass tornerebbe valido quando il vaccinato è guarito, altrimenti occorrerebbe rilasciarne uno nuovo). Questo è solo una delle tante contraddizioni del Green Pass.

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D’altronde anche il termometro scanner, che misura la temperatura corporea delle persone all’ingresso di locali pubblici e centri commerciali, potrebbe violare la privacy, quando emette l’avviso luminoso o sonoro che avvisa gli addetti del fatto che il soggetto ha la febbre (infatti il Garante privacy ha chiarito che la temperatura può essere misurata ma non deve essere raccolta, cioè registrata e conservata, perché altrimenti si avrebbe un trattamento non autorizzato di dati personali).

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Il ministero della Salute dovrebbe trovare un sistema che permetta di rispettare la privacy dei cittadini e, nel contempo, consenta la revoca temporanea delle certificazioni, almeno in caso di attestata positività.

Altrimenti, il risultato sarà simile a nascondere la polvere sotto il tappeto.

Maurizio Seby Bartolini
Direttore Responsabile

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Fonte: www.laleggepertutti.it

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